Ferraccio

Archeologia industriale. Il lento epilogo di un sogno.

La vicenda che in questi ultimi giorni ha visto, nonostante la fulminea operazione dei Carabinieri della Stazione di Papigno, il furto e la distruzione degli storici macchinari dello Jutificio Centurini e del Poligrafico Alterocca, sventatamente dimenticati insieme a bellissimi modelli delle Officine Bosco in un qualsiasi magazzino della Valnerina, depurata dalle emozioni del momento, s’inserisce, nostro malgrado, in una prospettiva storica e culturale perfettamente coerente. Basta semplicemente ricordare gli eventi e sopratutto cosa non è stato fatto per la tutela di un patrimonio davvero unico nel nostro paese, che giorno dopo giorno viene depauperato senza controllo. E’ sotto gli occhi di tutti che le amministrazioni locali hanno esclusivamente perseguito piani edilizi favorevoli ai palazzinari e alla grande distribuzione (area SIRI), relegando l’archeologia industriale ad un momento ludico, con la prevalenza di momenti scenografici (leggasi “fumo negli occhi”) sulla reale conservazione e la tutela. Da oggi in poi questi signori avranno ancora il coraggio di dichiarare ai quattro venti che Terni è la capitale dell’archeologia industriale? Il tempo delle favole, visti anche gli eventi delle ultime ore, è finito. Vedremo se ora, avranno la forza e le capacità per salvare quanto ancora di bello ci rimane, prima che i desperados di turno lo smontino, basti pensare al ponte-diga del canale Nerino, alla centrale idroelettrica di Papigno con le sue condotte forzate e la camera di manovra, opere peraltro già colpite dell’azione dei cercatori di rame e metalli pregiati.

Ferraccio

Ma soprattutto la nostra preoccupazione va alla bellissima passerella sulla statale Valnerina dell’ex stabilimento chimico di Papigno, la Telfer, per la quale il Comune di Terni non solo non ha espresso una manifestazione di interesse ma ha deliberato e finanziato lo smantellamento, tra pochi giorni, a un costo che poteva certamente contribuire a mettere in sicurezza il manufatto per conservarlo a un panorama che fa parte della nostra cultura, profondamente radicata nel lavoro. Tuttavia è il caso di chiedersi se siano più da biasimare i ladri di ferraccio che vivono ai margini della società oppure il manifesto e pluriennale disinteresse e l’assoluta mancanza di amore verso la propria terra, che come un tumore contribuisce a erodere il nostro patrimonio culturale. Siccome almeno un responsabile della tenuta di questo patrimonio pubblico dovrebbe esistere, speriamo almeno che gli sia consentito di cavarsela con un “non sapevo”, non sapevo cosa stessi firmando, non sapevo che quel bene esistesse, non sapevo…. Questi soggetti che di norma costano alle amministrazioni locali circa 10.000 euro al mese, più premi di produttività vari, quando combinano guai, anche grossi, vengono semplicemente trasferiti ad altro incarico, a volte senza alcuna diminutio. L’interesse collettivo non richiede certamente il linciaggio di alcuno, ma impone che un decente amministratore o dirigente, quando s’insedia, poggi la sua responsabilità su una sufficiente conoscenza dell’oggetto della sua amministrazione, quindi deve mettersi nella condizione di valutare con precisione lo stato del patrimonio e dei conti, nel più breve tempo possibile, viceversa si tratta di menefreghismo e di cattiva amministrazione. Questo è ciò che la politica deve pretendere dai suoi dirigenti e funzionari, perché nel meccanismo democratico questi ultimi restano, mentre le giunte comunali cambiano.

Centro Studi Politici e Sociali F. M. Malfatti

F.to

  • Il Presidente
  • Cav. Edoardo Mazzocchi
  • Il Vicepresidente
  • Dott. Sergio Dotto
  • Il Direttore
  • Dott. Danilo Stentella
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