Abbandono e distruzioni caratterizzano ormai da decenni la centrale di Papigno e le sue sottostazioni, nonostante le tante promesse e le tante idee, più o meno originali proposte per il cosiddetto “recupero e valorizzazione” della vasta area dell’ex elettrochimico. A titolo di cronaca è importante ricordare che Sviluppumbria, ICSIM, AIPAI, TNS Consorzio Sviluppo Aree ed Iniziative Industriali, insieme al Comune di Terni, nel 2010 dettero vita al Parco e Museo dell’Energia, il PaME, poiché “l’area del sistema idrografico Nera-Velino ha sedimentato (…) un peculiare sviluppo economico e produttivo che ha caratterizzato fortemente la struttura e l’immagine dell’intero territorio ad esempio emblematico della industrializzazione italiana ed europea, tale processo ha lasciato una cospicua e significativa eredità, in termini di edifici, impianti, infrastrutture, macchinari, archivi, che costituisce un patrimonio di grandissimo valore culturale da utilizzare a vantaggio della comunità“. Premessa appropriata, senza dubbio. Lo stanziamento iniziale a carico dell’ente municipale è stato, come risulta dalla deliberazione del 29 dicembre 2011, di 2.000 euro (DGC n. 433/2011), mentre a carico del bilancio 2013 risultavano 14.000,00 euro. Mentre la costituzione del PaME è stata ampiamente pubblicizzata, del tutto in silenzio è passato il recesso da parte del Comune di Terni, deciso con la deliberazione della giunta del 21 ottobre 2015 e motivato con le “crescenti difficoltà finanziarie“. Ad oggi del tanto auspicato museo dell’energia di Papigno non esiste traccia, anzi la situazione degli immobili e dei macchinari continua a peggiorare sotto il peso dell’incuria e dei continui danni inflitti dai ladri di metalli. Dimenticavamo: il PaME ha partecipato al convegno “Dal Velino al Nera. L’acqua e gli uomini“, svoltosi a Rieti nel maggio del 2013 ed i documenti che pubblichiamo sono stati scaricati dal sito del Comune di Terni, ma ad oggi non risultano più essere disponibili.

Centrale di Papigno