Savona Terni

Lo stabilimento di Savona della Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni

Le origini dello stabilimento di Savona risalgono al 1861 per iniziativa degli industriali locali Giuseppe Tardy e Stefano Benech. Dotato fin dall’inizio di forni a riverbero per il riscaldo dei pacchetti di rottame e di piccoli laminatoi per barre, nel giro di pochi anni l’impianto fu dotato anche una fonderia di ghisa, di un cantiere per costruzioni in ferro e di una officina meccanica. Tra il 1880 e il 1885 furono installati un’acciaieria Martin-Siemens e i laminatoi per profilati, rotaie e lamiere. La crisi industriale del 1890 determinò la temporanea chiusura dello stabilimento, che nel 1892 passò alla società tedesca Bochumer Verein, il principale tra i creditori della società. I progressivi ampliamenti determinarono un forte impatto sull’ambiente, dovuti al fatto che tra il 1880 e il 1902 furono spianati gli spalti orientali della Fortezza e i Bastioni di S. Giorgio e S. Tommaso e interrato il Fossato di Levante. Nel 1894, la fabbrica fu acquistata dalla Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni con l’intento di trasferire in Liguria la produzione di tubi. Tuttavia la Fonderia di Terni, fu solo ridimensionata poiché era più conveniente produrre a Terni le commesse destinate ai comuni dell’Italia centrale e meridionale, come ad esempio Palermo che nel 1895 ricevette una grande fornitura di tubi per l’Acquedotto di Palermo, sia da parte degli stabilimenti di Terni sia di Savona. Agli inizi del Novecento alla direzione della Società di Terni facevano così capo quattro servizi principali, cioè le Acciaierie con la Fonderia, le miniere di Spoleto e le Acciaierie di Savona. Queste ultime, gestite dalla Società Siderurgica di Savona controllata dalla SAFFAT, nel 1918 confluirono nell’ILVA (Alti Forni e Acciaierie d’Italia) nata il 1 febbraio 1905 con capitale sociale iniziale di dodici milioni di lire dalla fusione delle attività siderurgiche dei gruppi Elba (che operava a Portoferraio), della SAFFAT stessa e della famiglia romana Bondi, che aveva realizzato un altoforno a Piombino.

Il nuovo soggetto imprenditoriale fu costituito con il sostegno governativo per realizzare il polo siderurgico di Bagnoli, nel napoletano. Nel periodo tra le due guerre lo stabilimento fu notevolmente potenziato anche con mediante l’acquisizione dell’officina di Vado Ligure della Ferrorotaie e dello stabilimento di Savona-Fornaci della Ferrobates. Nel corso del secondo conflitto mondiale i reparti dello stabilimento furono gravemente danneggiati e nel 1946, una volta terminate le ostilità, le sezioni Savona-Fornaci e Vado Ligure assunsero la denominazione di Vado Meccanico. Gli addetti toccarono le 5.000 unità nel corso degli anni Quaranta ma la crisi dell’acciaio portò tra il 1950 e il 1953 alla fermata dei laminatoi e chiusura dell’acciaieria con la perdita di 1.500 posti di lavoro. Nei decenni successivi un lento ma inesorabile declino, passato attraverso anche attraverso la gestione Italsider, fino alla riduzione degli organici a poco più di 300 unità. Nel 1993 la fabbrica all’ombra della fortezza del Priamàr (1542) cessò ogni attività e l’anno successivo fu dichiarato il fallimento, dopo solo due anni di gestione OMSAV. Come sovente accade nel nostro Paese, mutata la destinazione d’uso da industriale a turistico-residenziale, nel 2007 entrarono in funzione le ruspe per demolire lo storico opificio e realizzare il complesso abitativo “Crescent”. Oggi come superstiti di una storia industriale lunga oltre 130 anni rimangono solo una delle sei grandi ciminiere e tre capannoni utilizzati per attività portuali, oltre all’edificio dell’ex direzione. Le origini dello stabilimento di Savona risalgono al 1861 per iniziativa degli industriali locali Giuseppe Tardy e Stefano Benech. Dotato fin dall’inizio di forni a riverbero per il riscaldo dei pacchetti di rottame e di piccoli laminatoi per barre, nel giro di pochi anni l’impianto fu dotato anche una fonderia di ghisa, di un cantiere per costruzioni in ferro e di una officina meccanica. Tra il 1880 e il 1885 furono installati un’acciaieria Martin-Siemens e i laminatoi per profilati, rotaie e lamiere. La crisi industriale del 1890 determinò la temporanea chiusura dello stabilimento, che nel 1892 passò alla società tedesca Bochumer Verein, il principale tra i creditori della società. I progressivi ampliamenti determinarono un forte impatto sull’ambiente, dovuti al fatto che tra il 1880 e il 1902 furono spianati gli spalti orientali della Fortezza e i Bastioni di S. Giorgio e S. Tommaso e interrato il Fossato di Levante. Nel 1894, la fabbrica fu acquistata dalla Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni con l’intento di trasferire in Liguria la produzione di tubi. Tuttavia la Fonderia di Terni, fu solo ridimensionata poiché era più conveniente produrre a Terni le commesse destinate ai comuni dell’Italia centrale e meridionale, come ad esempio Palermo che nel 1895 ricevette una grande fornitura di tubi per l’Acquedotto di Palermo, sia da parte degli stabilimenti di Terni sia di Savona. Agli inizi del Novecento alla direzione della Società di Terni facevano così capo quattro servizi principali, cioè le Acciaierie con la Fonderia, le miniere di Spoleto e le Acciaierie di Savona. Queste ultime, gestite dalla Società Siderurgica di Savona controllata dalla SAFFAT, nel 1918 confluirono nell’ILVA (Alti Forni e Acciaierie d’Italia) nata il 1 febbraio 1905 con capitale sociale iniziale di dodici milioni di lire dalla fusione delle attività siderurgiche dei gruppi Elba (che operava a Portoferraio), della SAFFAT stessa e della famiglia romana Bondi, che aveva realizzato un altoforno a Piombino. Il nuovo soggetto imprenditoriale fu costituito con il sostegno governativo per realizzare il polo siderurgico di Bagnoli, nel napoletano. Nel periodo tra le due guerre lo stabilimento fu notevolmente potenziato anche con mediante l’acquisizione dell’officina di Vado Ligure della Ferrorotaie e dello stabilimento di Savona-Fornaci della Ferrobates. Nel corso del secondo conflitto mondiale i reparti dello stabilimento furono gravemente danneggiati e nel 1946, una volta terminate le ostilità, le sezioni Savona-Fornaci e Vado Ligure assunsero la denominazione di Vado Meccanico. Gli addetti toccarono le 5.000 unità nel corso degli anni Quaranta ma la crisi dell’acciaio portò tra il 1950 e il 1953 alla fermata dei laminatoi e chiusura dell’acciaieria con la perdita di 1.500 posti di lavoro. Nei decenni successivi un lento ma inesorabile declino, passato attraverso anche attraverso la gestione Italsider, fino alla riduzione degli organici a poco più di 300 unità. Nel 1993 la fabbrica all’ombra della fortezza del Priamàr (1542) cessò ogni attività e l’anno successivo fu dichiarato il fallimento, dopo solo due anni di gestione OMSAV. Come sovente accade nel nostro Paese, mutata la destinazione d’uso da industriale a turistico-residenziale, nel 2007 entrarono in funzione le ruspe per demolire lo storico opificio e realizzare il complesso abitativo “Crescent”. Oggi come superstiti di una storia industriale lunga oltre 130 anni rimangono solo una delle sei grandi ciminiere e tre capannoni utilizzati per attività portuali, oltre all’edificio dell’ex direzione.

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