Ferriere di Udine
Ferriere di Udine

Fonderie Bertoli (UD)

Le grandi Officine Bertoli (meglio note come fonderie Bertoli), lungo la statale Pontebbana che da Udine porta verso nord, rappresentano un grande complesso industriale per il trattamento del ferro. La fondazione risale a circa il 1880 e la loro locazione, proprio a fianco di questa grande via di comunicazione tra il mare e la montagna, dimostra una lungimiranza commerciale notevole. Da un lato passa la ferrovia con le opportune deviazioni per il trasporto del materiale ferroso all’interno e dall’altra la statale per il traffico su gomma. E’ la classica fonderia con i grandi capannoni dove i forni in funzione con le loro fumate annunciavano i vari momenti di lavorazione. C’era anche il tram che oltre al trasporto urbano diurno effettuava il trasporto dei turnisti che si alternavano incessantemente ai forni e alle colate. Ricordo ancora che fino a non molti anni fa si vedevano i bagliori notturni di color arancio che facevano sembrare dantesco il posto. quasi un inferno. Ricordo anche che da ragazzino con i compagni si tentava di recuperare i cuscinetti a sfere anche essi destinati alla fusione per costruirsi carretti con cui correre nelle discese seppur brevi in qualche parte di città, non ricordo più dove. Poi, si è notato che le erbacce cominciavano a crescere davanti agli ingressi principali e le rotaie del treno che si dirigevano all’interno cominciavano a coprirsi di ruggine. Ma in quel tempo ero già cresciuto e tutto mi si è velato di tristezza. Avevo anche un amico che lavorava nell’ufficio commerciale esteri e mi raccontava delle difficoltà vere o presunte che la ditta stava passando. In capo a pochi anni tutto si è fermato.  Ora, queste fonderie sono state acquisite da un’altra società ed il lavoro che là, si svolge, è per la maggior parte di immagazzinamento e deposito. Girando all’interno si incontrano gli spettri industriali del passato, forni ad elettrodo, ponti mobili, nastri trasportatori ormai fermi, montagne di trucioli ammassati disordinatamente. Da qualche tubo sibila ancora un po’ di acqua, chissà da dove arriva. Molti piccioni ne hanno fatto la loro casa e , data l’altezza dei capannoni, possono volare al riparo delle intemperie. Quando mi reco la, per fotografare, c’è sempre un gran silenzio, e un forte odore di metallo mi guida verso le strutture come un segnale inequivocabile. Chissà cosa mi attira in questi posti, me lo sono chiesto spesso. Potrei scegliere belle ragazze da ritrarre, o paesaggi montani, marini, altro chissà. E invece eccomi la, frequentemente, alla ricerca di quelle forme che mi stanno diventando ormai familiari. Il metallo accatastato, i grandi tubi in ferro che sembrano grosse arterie ormai ischemiche, un gran silenzio. Rinascono nella memoria i rumori e le grida degli operai che si avvicendano nei turni di notte, la città che non dorme mai, l’industria che non concede tempi morti; chissà quante storie hanno ascoltato queste strutture queste pareti di metallo, amori nati tra un turno e l’altro fatti forse di soli sguardi e qualche parola con le poche operaie addette ai lavori di supporto, chissà. Mi ostino ancora con la macchina fotografica in un inutile tentativo, forse di arretrare nel tempo, alla mia adolescenza incosciente e ormai perduta, a quando avrei potuto documentare tutto questo e non l’ho fatto. Sempre uomini sbagliati in tempi sbagliati, travolti da questa strana vita che al guinzaglio ci trascina in avanti e senza nemmeno il tempo di guardare bene attorno, con calma, come sto facendo ora con il vuoto intorno.

Fonderie Bertoli, fotografie di Franco Santi. © Tutti i diritti riservati.

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