Diga e centrale idroelettrica del Furlo (PU)

Diga e centrale idroelettrica del Furlo (PU)

Il fiume Candigliano, che attraversa la Gola del Furlo, lungo il suo percorso riceve le acque da affluenti importanti, quali il torrente Scalocchio, il Biscavio ed il fiume Bosso col suo affluente Burano, con un esteso bacino imbrifero, che misura circa 600 km2. Circa 20 m a valle della galleria detta La Botte, la Società Unione Esercizi Elettrici progettò e costruì una diga insieme alle opere accessorie di scarico delle piene e di presa, nonché quelle per la derivazione ed utilizzazione delle acque, in una apposita centrale. L’Unione Esercizi Elettrici possedeva inoltre, circa 1 km più a valle, l’impianto idroelettrico di Raggioli, opportunamente potenziato per poter rispondere alle nuove condizioni di regime del Candigliano, determinato dalla nuova diga ed il relativo bacino. Lo sbarramento è del tipo ad arco, con raggio di 21 m sul paramento a monte, il livello di massimo invaso è fissato a quota 180 m ed il fianco del coronamento (quota 183) è di 3 m. Lo spessore dell’arco in corrispondenza della fondazione è di 12 m, sul ciglio di 3 m. La diga è fondata sia alla base che sui fianchi su calcare rosso ed in questo profondamente incassata, fino a raggiungere una perfetta adesione fra la roccia ed il calcestruzzo formante il corpo della diga. Il rigurgito determinato dallo sbarramento si estende per 2.650 m a monte della diga. Con uno svaso massimo del serbatoio di 15 m il volume utile dello stesso risultava all’epoca della costruzione, pari circa 2.000.000 di m3. Lo scarico delle piene avviene sul fianco diga mediante una ampia bocca scavata nella roccia, il cui deflusso è regolato da quattro paratoie metalliche di tipo Stoney, con contrappeso, aventi ciascuna una luce di 6 m ed una altezza di 4 m. La manovra delle paratoie avviene per mezzo di due verricelli elettrici posti su di un apposto carroponte e in caso di necessità la stessa manovra poteva essere effettuata anche a mano. Le acque dello scaricatore delle piene erano convogliate mediante un apposito canalone ad una distanza media di 40 m dal paramento interno della diga andando a cadere sul fondo roccioso. Per rendere ispezionabile la galleria di derivazione, fu previsto uno scarico di fondo posto ad una quota di 3,50 m più bassa di quella dell’imbocco dell’opera di presa. Lo scaricatore consiste in una galleria rettangolare di 2 x 2,60 m, lunga circa 67 m, in sponda destra, tracciata a debita distanza dalle rocce di spalla della diga e dalla galleria di derivazione. L’imbocco della galleria di scarico è munito di un tubo in lamiera d’acciaio lungo 5 m e del diametro di 2,20 m, in testa ad esso è collocata una valvola a farfalla, comandata dall’alto del serbatoio mediante una coppia di ruotismi posta in apposita cabina, alla quale si accede da una passerella dal ciglio della diga. Ad ovviare alle perdite della valvola a farfalla, il tubo è fornito di un fondo metallico con flangia, bulloni e guarnizioni per la tenuta ermetica, elemento rimovibile tutte le volte che si deve procedere all’ispezione della galleria di derivazione. La bocca di presa è posta in sponda destra vicino all’imposta della diga ed è preceduta da una griglia fina divisa in quattro ripiani con m’altezza complessiva di 12,30 m e larga 5 m. La derivazione ha una lunghezza complessiva fino al collettore di 188 m di cui circa 50 m in galleria. Il primo tratto, per una lunghezza di 12 m, è formato da un tubo metallico del diametro interno di 2 m annegato nel calcestruzzo, al fine garantire la tenuta del serbatoio. Ad esso fa seguito una valvola a farfalla collocata in una apposita nicchia insieme agli organi di manovra, azionabile a mano ed anche elettricamente con comando dalla centrale, poi un tubo in cemento armato del diametro interno di 2 m, parte in galleria e parte all’esterno, della lunghezza di 172 m, che termina con un collettore in ferro. Dal collettore avevano origine sei derivazioni che alimentavano le tre turbine doppie. La centrale idroelettrica era inizialmente ubicata sulla riva destra del Candigliano, subito a valle della stretta del Furlo ed aveva una lunghezza esterna di 89,80 m con una profondità di 9,30 m ed un corpo avanzato di 16 x 7,50 m a tre piani, dove trovavano posto il quadro, gli interruttori, i trasformatori, gli apparecchi di protezione e di misura. Nella sala macchine furono installati tre turbine di tipo Francis, a doppia girante e doppio scarico, che potevano gestire una portata variabile da 3500 a 500 l/s con un salto netto variabile da 43 a 28 m, per un numero di giri costante di 600/min. Data la forte variabilità della caduta e per non dover ridurre troppo il rendimento con le cadute più basse, ciascuna turbina fu progettata in modo da poter rendere le due giranti indipendenti in casse separate e con condotte di carico e scarico separate. In tal modo la turbina funzionava con una sola ruota quando la caduta era massima e con tutte e due quando il salto diminuiva in seguito allo svaso del serbatoio. La potenza prodotta da ogni turbina era in tal modo costantemente di 1400 HP, con una portata massima della derivazione prevista di 10.000 l/s. Su ciascun tubo di raccordo fra la saracinesca e la turbina fu installato uno scaricatore sincrono per scongiurare il pericolo del colpo d’ariete. I tubi di aspirazione delle turbine immettevano nel canale di scarico, situato parallelo al collettore con una sezione di 3 x 2,50 m, sormontato da un arco a lutto sesto. Gli alternatori accoppiati alle turbine potevano assorbire la potenza massima di 1.100 kW ciascuno e produrre 1.070 kW, alla velocità di 600 giri/min. Nel 1944 la sala macchine fu distrutta dai genieri tedeschi durante la ritirata dall’Italia e l’edificio rimase in stato di abbandono fino all’inizio degli anni Novanta, quando l’Enel ne decise la demolizione per il recupero dell’intera area. La nuova centrale, progettata nel 1949, realizzata nel 1951 ed entrata in esercizio nel 1953, sfrutta un salto utile di 53,5 m e grazie alla derivazione di 31,5 m3, è in grado di fornire una potenza efficiente di 13 MW con una producibilità̀ media annua di 33.000 MWhL’acqua arriva ai macchinari tramite una galleria in pressione del diametro di 3,5 m per una lunghezza di 1,7 km ed un ultimo tratto in condotta forzata in acciaio lunga 145 m. Sul punto di unione è stato realizzato un pozzo piezometrico alto circa 50 m per sopperire agli eventuali colpi d’ariete sulla condotta, causati dall’arresto del flusso di acqua alle turbine. All’interno della nuova sala macchine si trovano quattro gruppi ad asse verticale: due sono mossi da turbine Francis, della potenza di circa 5.000 kW, portata di 11.800 litri/sec alla velocita di 428 giri/min, il terzo è una turbina Francis di 2.000 kW, 493 litri/sec, 600 giri/min, mentre il quarto è sempre una Francis di 1.000 kW, 2500 litri/sec, 750 giri/min. Il canale di alimentazione della vecchia centrale del Furlo è oggi utilizzato come scarico di fondo dell’invaso mentre in sponda sinistra fu realizzata la nuova captazione, che alimenta in galleria l’attuale centrale del Furlo.

Diga del Furlo
Diga del Furlo
Diga del Furlo, paratoie
Diga del Furlo, paratoie
Vecchia centrale idroelettrica del Furlo, oggi demolita
Vecchia centrale idroelettrica del Furlo, oggi demolita
Vecchia centrale idroelettrica del Furlo
Vecchia centrale idroelettrica del Furlo
Nuova centrale del Furlo
Nuova centrale del Furlo
Sala macchina della nuova centrale del Furlo
Sala macchina della nuova centrale del Furlo
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