Ingresso Jutificio Centurini
Ingresso Jutificio Centurini

Macchinari inglesi per lo Jutificio Centurini

Nella prima fotografia pubblicata in questa pagina, si legge “Samuel Lawson & Sons – Leeds”; il nome si riferisce al produttore dei macchinari installati nello Jutificio Centurini, la “Hope Foundry” azienda fondata nel 1812 a Leeds (Inghileterra) da Samuel Lawson. La fabbrica occupava circa 1.600 persone ed era specializzata nella progettazione e nella costruzione di macchine per la lavorazione del lino, della canapa e della juta.
Fra le varie innovazioni introdotte va ricordato lo “Screwgill” (letteralmente “pettine per cardare”) che serviva a realizzare disegni sui tessuti, registrata con brevetto n. 6.464, nell’agosto agosto del 1833 da Samuel Lawson in collaborazione con W. K. Westley. Ciò avrebbe potuto portare gli inventori ad accumulare una enorme fortuna ma inopporture rivelazioni sulla loro invenzione impedì loro di trarne tutto il profitto economico che meritavano.
Nel 1900 proprietari dello stabilimento, che occupava una superficie di circa 32.000 metri quadrati, erano Arthur Tredgold Lawson e Frederick William Lawson, abili sia come tecnici sia come uomini d’affari. Si trattava di una impresa integrata in grado di compiere i calcoli ed i disegni preliminari, dotata di una propria fonderia ed alimentata da grandi macchine a vapore.
L’azienda ricevette importati riconoscimenti alla più importanti mostre del settore, in primo luogo, una “Council Medal”, Londra, 1851; una “Grand Metal”, Parigi, 1867; una “Prize Medal” a Mosca, 1873; il Primo Premio a Filadelfia nel 1876; la “Medaglia d’Oro”, a Parigi nel 1878, quando il Nastro della “Legion d’Onore” fu conferito a Arthur Tredgold Lawson, membro anziano dell’azienda ed infine il primo premio a Melbourne, nel 1880.
Le esigenze di incrementare la produzione e la messa in produzione di macchinari per la produzione di corde e di filatoi automatici spinsero la dirigenza ad attivare nuovi reparti e ad ampliare poco a poco lo stabilimento fino a raggiungere i 48.000 metri quadrati. Inoltre furono aperti vari uffici commerciali in Europa, negli Stati Uniti e nelle colonie inglesi.
Successivamente vennero anche ideati e prodotti macchinari per la produzione della tela, del lino e della Manila, una fibra tessile vegetale ricavata da alcune Musacee delle Filippine, soprattutto dalla Musa Textilis o canapa di Manila e lo stabilimento inziò a produrre in proprio l’energia elettrica per mezzo di un impianto interno dotato di due turbine a tre fasi Parson.
Durante il primo conflitto mondiale il prestigio raggiunto dall’azienda spinse addirittura Re Giorgio V ad proporre alla “Hope Foundry” una sfida mai affrontata prima: la costruzione di armi. Ebbene, anche questa volta, grazie sopratutto a Fairbairn Lawson la tradizione fu onorata e venne rapidamente ed efficacemente approntata una linea di produzione per pistole! Lo Jutificio di Terni era dunque dotato dei macchinari più moderni disponibili sul mercato, acquistati da un produttore di rilievo mondiale per quanto concerne il settore tessile.
Lo Jutificio Centurini, costruito su progetto dell’ingegnere Tobia Isolani, aveva iniziato l’attività nel 1886 per iniziativa di Alessandro Centurini, genovese, presidente della Banca Commerciale Italiana. La fabbrica, adiacente la Fabbrica d’Armi, era situata presso il vocabolo San Paolo ed utilizzava come forza motrice una derivazione di 8 metri cubi al secondo dal Canale Nerino. La produzione riguardava filati e tessuti di Juta ed in particolare modo sacchi.
L’opificio era dotato di una tintoria e di una stamperia e vi erano installati ben 5.000 fusi e 300 telai. Gli addetti erano circa 1.300, in prevalenza donne. La seconda guerra mondiale, quindi nuovi concorrenti e prodotti nei decenni successivi, impedirono allo Jutificio di ripetere i successi commerciali conseguiti fino al periodo prebellico causando una progressiva riduzione degli occupati. Nel 1970 lo stabilimento cessò l’attività produttiva e purtroppo è stato quasi completamente demolito nel 1997.

Macchinario Lawson & Sons di Leeds
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Samuel Lawson
Pubblicazione sulle industrie di Leeds
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