Torviscosa
Torviscosa

Torviscosa (UD)

Dobbiamo arretrare nel tempo fino al 1920 per ritrovare nella così chiamata, Bassa, paludi povertà e malaria.

A nord est d’Italia non distante dalle Alpi, questa zona del Friuli che da Palmanova raggiunge il mare, viene confidenzialmente chiamata dalla gente del posto Bassa Friulana. Non ha dei confini precisi ed è più una localizzazione cardinale che una delimitazione territoriale.

Oggi, una comoda autostrada la attraversa da sud a nord e in poco più di un’ora, ci si può trovare in Austria partendo da Venezia senza quasi notare i cambiamenti e le variazioni del territorio. Le autostrade rimpiccioliscono e uniformano il paesaggio, la velocità può essere costante, pianura o montagna, laghi, colline non sembrano avere alcun fascino e l’occhio non può attardarsi sui messaggi che il territorio tenta di trasmettere.

Nel 1938 per idea ed opera di Marinotti nasce la Snia Viscosa, Industria chimica per la produzione della viscosa di cotone per l’industria tessile. In questo contesto viene anche creato un centro, seppur piccolo, urbano nato con la specifica intenzione di offrire ai dipendenti che li vi lavoravano tutto ciò di cui c’era necessità. Nascono cosi un teatro, un posto di ristoro, impianti sportivi e di ricreazione una chiesa un campo sportivo e tutto con i criteri più moderni. Anche le abitazioni vengono costruite secondo canoni modernissimi.

Insomma, nasce tutto al tavolino e su progetto completo una modificazione agro industriale che in Italia non si è mai vista prima.

Il Duce in persona la inaugura con grande cerimonia, c’è anche una manifestazione di mongolfiere e parate militari.

Una piccola stazione ferroviaria ed una linea ferrata aggiuntiva completano il paesaggio. Certo è che questa grande serie di costruzioni tutte in mattoni faccia a vista, come tutta l’edilizia romagnola daltronde, crea un grande senso d’orgoglio anche nei più umili contadini che sentono in questo atto autarchico un passo in più verso la libertà.

Domina ovunque l’arco romano, nella costruzione del municipio, nei portici laterali della piazza centrale, e dovunque una grande eccitazione. Viene prodotta la viscosa e da questa molti prodotti per l’industria tessile.

Nei grandi viali ci sono statue e colonne, piante appena piantate e i grandi prati dei giardini pubblici sono aperti a tutti.

Oggi l’attività è ridotta se non sospesa del tutto, resta il monumento al Duce, e al Marinotti. Gli ascensori della grande torre di controllo non funzionano più; al posto di ristoro alcuni pensionati giocano a carte e bevono un bicchiere mentre la giornata passa indisturbata.

Nelle sale da biliardo si gioca ancora, tutti si conoscono e il barista partecipa alle discussioni sportive che un tempo avvenivano nella sala TV con il vecchio apparecchio in bianco e nero tuttora presente su di un alto tavolino apposito.

E mentre dalla graniglia lucidata al piombo si riflette il sole, in queste sale di ricreazione, un vecchio tenta di leggere il quotidiano standosene seduto sulle poltrone rivestite di finta pelle verde.

E’ molto estesa la superficie che contiene questo complesso, parecchie centinaia di ettari. C’è una lunga strada che conduce fino al mare, anzi in una piccola laguna che ospita qualche barca anche questa malridotta.

E’ bellissimo, nelle mattinate di mezza stagione, quando c’è ancora la foschia, fotografare queste strane figure industriali che nascono in silenzio dall’orizzonte.

Il teatro, a fianco del ristoro, è in parte deserto, ospita ora una cooperativa di alimentari.

Chissà quali rappresentazioni davano ai tempi di Mussolini, forse qualche opera, musica da camera, commedie. Allora non c’era la televisione, ma il cinema si e la sala del teatro era attrezzata per le proiezioni. Ma i tempi cambiano in fretta, la concorrenza che nel dopoguerra si è fatta straniera obbliga a rapidi cambi di strategia commerciale a cui forse la Nazione non è abituata e il lavoro comincia a calare, non ci sono alternative e tutto deve ridimensionarsi. Ora c’è una industria chimica che con la vecchia Snia non ha nulla a che fare, e i fasti del passato nessuno li conosce più.

Il sole tramonta e le ombre si allungano. Tornerò forse domani in questo posto che mi procura tanta serenità. Non c’è più luce per fotografare, ma resto ancora un po’ ad osservare quello che mi circonda, questi viali, questi alberi soli, queste statue silenziose. Un gatto mi guarda, chissà cosa sta pensando di me.

Passa qualche bicicletta e qualche auto transita per le solite faccende.

Senza stress, e senza ansia, la vita dei cittadini di Torviscosa, non si accorge quasi più di questo grande complesso che ha dato loro la cittadinanza; come un vecchio guardiano che ha tante storie da raccontare, ma nessuno ormai le vuole più ascoltare.

Torviscosa, fotografie di Franco Santi. © Tutti i diritti riservati.

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