Terni. L’abbandono e la distruzione di un intero magazzino di reperti di archeologia industriale.

Come tutto ebbe inizio…  delle buone intenzioni e un po’ di mistero

(Cfr. Rotary, anno VI, dicembre 1999, n. 17, p.11)

Un giorno un anonimo amico invia al Centro Studi “F. M. Malfatti” qualche foto scattata in un magazzino del complesso industriale di Papigno, nelle quali si vedeva una grande abbondanza di macchinario industriale molto vecchio, in completo abbandono e in stato di avanzato degrado. Abbiamo fatto un salto sul posto, trovando tutto aperto, una sorta di supermercato del ferro e dell’oggetto antico. Sul pavimento giaceva sparpagliato l’archivio Alterocca, foto, negativi, lastre, in mezzo a lapidi rotte, elementi architettonici non meglio identificati, materiale archeologico, e poco più in là due telai dello jutificio Centurini, danneggiati, macchinario del Poligrafico Alterocca, modelli in legno delle Officine Bosco.

(Il Giornale dell’Umbria 29/06/2012)

Il giorno successivo alla uscita dell’articolo denuncia del Giornale dell’Umbria alcuni ricercatori del Centro Studi Malfatti si sono recati ancora sul posto per scattare delle altre foto, ma hanno trovato due operai intenti a caricare una macchina tipografica su un camion. Ritenendo che si trattasse di personale incaricato dal Comune di Terni di sgomberare l’edificio per dare una più sicura collocazione al prezioso materiale si limitavano a scattare delle foto del maldestro trasloco.

(Il Giornale dell’Umbria 1/7/2012)

 

(Il Messaggero 3/7/2012)

Quando si comincia a comprendere che il Comune di Terni non aveva nulla a che fare con il presunto trasloco scoppia il panico, e serpeggia il sospetto che i due operai possano essere dei ladri di metallo, una categoria che nel complesso industriale di Papigno è di casa, negli anni passati hanno praticamente fatto a pezzi tutto ciò che conteneva rame, quindi soprattutto antiche turbine della centrale Velino Pennarossa, quadri comando, trasformatori, ecc.

Il Messaggero 04-07-2012 p41

(Il Messaggero, 4/7/2012)

Grazie alle foto scattate dai nostri ricercatori i Carabinieri della Stazione di Papigno, in pochissime ore, identificano i due responsabili del furto. Il macchinario asportato non sarà recuperato, è già stato venduto come ferraccio e fuso.

 

(Il Messaggero, 5/7/2012)

(Il Messaggero, 6/7/2012)

La città si ricorda che un tempo aveva un enorme patrimonio di archeologia industriale, ma non uno qualsiasi, uno pregiato, testimonianza della prima industrializzazione del Paese, realizzato con architetture ricercate e raffinate, da imprenditori illuminati o dallo Stato postunitario. Come spesso accade in questi casi si sviluppa una sorta di sindrome da panico. Viene a galla tutto il menefreghismo di cui questo patrimonio è stato vittima. Qualcuno esprime la sua preoccupazione, qualcunaltro la sua indignazione, giusta.

(Il Messaggero, 7/7/2012)

9 il messaggero 07-07-2012 p49-3

(Il Messaggero, 7/7/2012)

(Il Corriere dell’Umbria, 7/7/2012)

Ma, a più di una settimana dal furto, con un magazzino pieno di lastre dell’archivio Alterocca, qualche pezzo di metallo e i modelli delle Officone Bosco, ancora non interessa un piffero a nessuno della situazione, l’area in cui si sono svolti i fatti è ancora accessibile, nessuno si è preoccupato di chiuderne gli accessi.

(Il Messaggero, 9/7/2012)

(Il Messaggero, 9/7/2012)

Il Centro Studi ovviamente non punta il dito contro nessuno, noi ci occupiamo di ricerca, ma tanto menefreghismo sembra decisamente surreale. Ed ecco un esempio di cosa è andato perso in questa storia scellerata di cattiva amministrazione.

 

La situazione a tre settimane dal furto.

Dopo la visita dei ladri nel magazzino di Papigno nel quale il Comune, più o meno consapevolmente (ancosa non si sa) “conservava” prezioso macchinario delle aziende ottocentesche, insieme ad altro più recente, negativi fotografici e reperti lapidei anche di rilevanza archeologica, dopo una settimana nessun responsabile si era preoccupato di chiudere tutti i cancelli. A tre settimane dal furto che ha in un colpo quasi azzerato il patrimonio museale che era stato accumulato con pazienza, numerosi cittadini ci segnalano che l’area è ancora accessibile a chiunque, a causa della recinzione divelta in più punti. Come se non bastasse nessuno si è minimamente preoccupato di mettere un po’ di utile e rispettoso ordine nel materiale proveniente dal Poligrafico Alterocca che si trova ancora indegnamente spalmato sul pavimento del magazzino, abilmente mischiato a tegoloni in frantumi ed elementi marmorei, in un crudele caos. Nella giornata di sabato 21 luglio ci sono pervenute alcune fotografie, scattate nella stessa data, dei cliquè del Poligrafico Alterocca gettati all’esterno del capannone prima della sua chiusura, e dimenticati lì, in attesa di qualcuno che li prelevasse o di una pioggia che li deteriorasse per sempre. A questo punto le ipotesi sono due, o non importa nulla a nessuno tranne a noi, il che potrebbe voler dire che potremmo cominciare a soffrire, precocemente, di fissazioni tipiche dell’età senile, o gli amministratori che dovrebbero avere la responsabilità di questo patrimonio pubblico, gestito in nome e per conto dei cittadini, vanno messi rapidamente davanti alle loro macroscopiche responsabilità. Forse si confidava in un rapido oblio degli eventi, nel clima vacanziero o più probabilmente nel calciomercato della squadra cittadina!

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