Pensare in grande. Lo stile di Gino Papuli in un intervento del 1996 sul sito industriale dismesso di Papigno (TR)

Ripubblichiamo un intervento dell’ingegner Gino Papuli nel convegno organizzato dal CESTRES di Terni nel 1996, dal titolo Dibattito su Papigno, un incontro sulle ipotesi di riuso del sito industriale dismesso dell’ex stabilimento elettrochimico di Papigno costruito agli inizi del Novecento dalla Società Italiana del Carburo di Calcio e Acetilene e Altri Gas.

Due sono gli elementi che il lettore potrà particolarmente apprezzare e valutare come straordinariamente attuali: la considerazione che il sito industriale di Papigno rappresenta “una rarissima concentrazione di attività tecniche, l‘idraulica, l’elettrica, la mineraria, la chimica, la meccanica … che si esprimono attraverso… le centrali, i capannoni, le passerelle” e “il problema di Papigno è grande e va pensato in grande… senza mai perdere di vista la salvaguardia della memoria dell’industrializzazione … senza danneggiare le sue singole espressioni residue”.

Elettrochimico d Papigno

Questi due aspetti, sottolineati con passione da Papuli, non appartengono più al sentire di chi amministra, spesso con poca fantasia e con scarsa o nulla capacità di immaginare in grande, tant’è che il Comune di Terni si appresta a smantellare uno dei simboli più visibili ed emblematici dell’intero complesso, la passerella Telfer. Seguendo il filo logico del ragionamento del cosiddetto “degrado controllato”, teorizzato dal professor Renato Covino, una delle prossime mosse potrebbe essere la demolizione della enorme e bellissima ciminiera, poi sarà la volta dell’intera area forni, ormai nel più totale degrado statico, quindi toccherà al complesso della cabina Anglo Romana, alla centrale Velino Pennarossa, ecc. in una marcia consapevole verso la distruzione di molta parte dell’edificato più monumentale e significativo, fino allo snaturamento di quell’eterogeneo tessuto industriale di cui Papuli evidenziava l’unicità.

Intanto alla memoria dell’ingegner Papuli il Comune di Terni, in collaborazione con la Fondazione CARIT, ha dedicato un premio letterario sul tema dell’archeologia industriale, rispetto al quale sono sorte polemiche circa l’assegnazione dei premi. Ci si continua a chiedere dove sia la sostanza degli interventi di vero recupero del patrimonio industriale, oltre la continua retorica dell’annunciazione.

La ormai più che trentennale annunciazione della tutela del patrimonio ternano della prima industrializzazione dell’Italia e dell’Europa non sta proteggendo quel patrimonio dal degrado spontaneo, né dagli appetiti della speculazione edilizia, adeguatamente supportata da idonei piani regolatori.

La città di Terni, come molti altri centri urbani ricchi di vario patrimonio culturale, ha bisogno di fermare la sfrenata fantasia speculativa di chi redige i piani regolatori, smettere di cementificare a vanvera, pensare i primi piani regolatori a metri cubi zero, e talvolta a metri cubi negativi, per concentrarsi sulla reale valorizzazione dell’esistente e sulla redistribuzione degli spazi utili al benessere collettivo.

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