Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo

La miniera di bauxite di San Giovanni Rotondo

Un documentario di Antonio Tedesco ed Alessandro Russo, prodotto dal Laboratorio Multimediale ArteFacendo. “Un piccolo omaggio alla memoria dei minatori e al sito minerario di San Giovanni Rotondo nel giorno di SANTA BARBARA. Un breve viaggio nell’archeologia industriale, memoria di un Italia che fondava sul lavoro la dignità dell’uomo.”

Breve storia della miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo

«Di recentissimo accertamento, almeno nella loro imponenza, che è stata ritenuta tale da qualificarsi i più importanti d’Europa, sono i giacimenti di bauxite nel Gargano […] della portata di queste miniere è stata resa nota in una solenne seduta della Commissione suprema per l’Autarchia» (Ciro Poggiali 1939).

In pieno regime fascista, in un piccolo paesino del disperato Sud, appena conosciuto per la presenza di Padre Pio, si diede vita ad un imponente sito minerario gestito dal colosso Montecatini.

Il materiale estratto veniva caricato su camion e trasportato al porto di Manfredonia per la successiva spedizione allo stabilimento di Porto Marghera, gestito dalla stessa società per la prima lavorazione del minerale.

Dalla bauxite si produce l’alluminio che negli anni trenta veniva utilizzato principalmente per l’industria bellica (aerei), ma anche per produrre mobili, lampade e biciclette. La produzione venne incentivata principalmente per sostituire materiali di cui l’Italia era povera, come il rame e per svincolarsi dalla dipendenza straniera.

La scelta governativa di incoraggiare la Montecatini nello sviluppare il giacimento di San Giovanni Rotondo appare difficilmente comprensibile, soprattutto se si considera che il governo stesso aveva vietato nell’ottobre del 1935 l’esportazione della bauxite e, secondariamente, che persino l’ambizioso piano autarchico dell’alluminio, che prevedeva per il 1941 una produzione di metallo pari a 70.000 tonnellate, avrebbe comportato un utilizzo di non più di 280.000 tonnellate circa di minerale, volume produttivo largamente superato dalle miniere istriane già nel 1937 con 386.000 tonnellate estratte.

La scelta di appoggiare lo sviluppo da parte della Montecatini di una produzione di bauxite pugliese , che oltretutto risultava di qualità inferiore rispetto a quella istriana, parrebbe essere stato legata a motivazioni di ordine squisitamente politico.

L’esigenza era probabilmente quella di appoggiare lo sviluppo di una produzione di bauxite controllata da un’impresa italiana, e quindi dallo stato, da contrapporre al controllo esercitato dall’americana Alcoa sulle miniere istriane.

È ragionevole supporre anche che l’esigenza di sfruttare le risorse garganiche fosse dettata dalla necessità di avere un’autonomia mineraria di fronte ad una possibile guerra. Come sappiamo la politica del regime sull’autarchia mineraria fu abbastanza fallimentare.

Comunque si decise di far nascere il più grande stabilimento industriale della Capitanata che vide l’impiego di oltre 800 lavoratori, la costruzione di un villaggio in perfetto stile paternalistico aziendale, con la scuola, la mensa, lo spaccio, il dopolavoro.

La miniera fu vistata da Benito Mussolini nel luglio del 1941 e nel 1943 subì un pesante bombardamento da parte degli anglo-americani. Sopravvissuta al saccheggio dei tedeschi in ritirata solo alla fine del 1945 riprese l’attività estrattiva.

La miniera sopravvisse grazie ai dazi doganali che scoraggiavano le importazioni e grazie ai contributi del paino Marschall. Quando cominciarono ad allentare il peso dei dazi la miniera iniziò una lenta ma pesante fase di smantellamento. Dal 1959 con la costruzione del pozzo venne aumentata la meccanizzazione della produzione con la conseguente riduzione dell’organico.

Fino al 1973 anno della chiusura ci furono anni di lotte sindacali, licenziamenti, trasferimenti ma soprattutto tante vittime sul lavoro. Saranno 27 i minatori a perire nella grande miniera autarchica italiana.

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