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I vandali ancora all’attacco del patrimonio di archeologia industriale. Stavolta tocca al Canale Nerino

Un nostro concittadino, alla ricerca di un vecchio amico che coltivava un piccolo orto all’interno dell’area del Lanificio Gruber, ci ha segnalato l’ennesima, grave minaccia al patrimonio di archeologia industriale di Terni. Questa persona, che intende mantenere l’animato, ha notato strane attività in prossimità tratto finale del canale Nerino, all’interno del Lanificio, ove è stata tagliata la vegetazione che cresce rigogliosa da decenni per effettuare lo smontaggio delle griglie che impedivano l’entrate dei detriti nelle due gallerie successive. Sul posto si nota la strana presenza di scale per salire sulle sponde in pietra del canale, cavi elettrici per alimentare macchine utensili, tutto fa presupporre che ignoti stiano per procedere allo smontaggio delle paratoie e dei loro organi di manovra, da rivendere come ferro vecchio. Poco più in là, come ha documentato con sgomento il nostro informatore, i danni sono già irreparabili, infatti, in corrispondenza dello scarico della riserva d’acqua dello stabilimento tessile, le vecchie paratoie sono state asportate da pochissimi giorni. Sembra di rivivere il copione di questa estate, con la misteriosa sparizione dei macchinari Alterocca, Bosco e Centurini dal magazzino comunale di Papigno. Ancora una volta la nostra denuncia è immediata, la Città deve sapere come si “tutela” questo prezioso patrimonio. Speriamo vivamente di sbagliarci, ma le paratoie di fine Ottocento hanno le ore contate se chi di dovere, non interverrà prontamente. Lo diciamo subito: questa volta si tratta di beni immobili, perché un canale e le sue pertinenze sono tali, per cui a differenza dei macchinari non potranno essere addotte le stesse giustificazioni, quali la mancanza di un inventario e la conseguente impunità per i responsabili preposti alla gestione del patrimonio pubblico. Far finta che non siano mai esistiti può andar bene in una occasione, ma il bonus è finito. A far da corollario e a gettare una luce inquietante su tutta una serie di distruzioni, apparentemente operate senza motivo, a parapetti di protezione, scale e altre opere murarie che poco hanno a che fare con i ladri di metalli, i quali pur con le loro presumibili responsabilità non possono diventare la scusa buona per ogni circostanza: questi signori non perdono certo tempo a fare a pezzi scalini o a divellere parapetti, come comprenderete tutto ciò è quanto meno strano. Questi ennesimi, gravi fatti, non possono che spingerci a riconsiderare la validità della nostra partecipazione alle recenti assemblee cittadine indette in materia di archeologia industriale: servono azioni di tutela immediate (recinzioni delle aree, videosorveglianza, controllo del territorio), non certo ipotetici discorsi su presumibili fondi comunitari (bilanci 2014 – 2020!), o pur apprezzabili proposte di legge che arrivano quando la situazione è quasi irreparabile. Se veramente le amministrazioni locali hanno a cuore la nostra gloriosa storia, devono agire, immediatamente.

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